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Recensione di “Penombre” di Andrea Leonelli, a cura di Elisabetta Bagli

Recensione di “Penombre” di Andrea Leonelli, a cura di Elisabetta Bagli
La silloge poetica “Penombre” di Andrea Leonelli è un lungo viaggio interiore durante il quale il poeta ci mostra paesaggi eterogenei di dolore e di amore. Spesso, ci regala immagini nelle quali l’emotività amara è controbilanciata da una sensualità latente che rende così intensi e vivi i suoi versi da penetrare nel profondo dell’animo del lettore.

“Azzardi di bocche,/lingue calde/a cancellare la pelle./Rimanere estasi/e dolore,/in ordine sparso,/in ore vuote,/persi in sé” (Persi in sé)

“Ma siamo carne,/amore e desiderio…Se questa è febbre/la voglio ogni giorno/e se fosse morte/sarebbe una morte sorridente” (Con te negli occhi).

In queste liriche si avverte il dolore provocato dall’amare e l’amarezza e la tristezza del vuoto che rimane quando ci si separa, quando tutto finisce. In altre poesie, invece, il sentimento del poeta si rivela breve e fugace e, nel contempo, proprio per la loro dinamica, risulta essere l’unica via per poter esprimere la sua sensibilità e le proprie esperienze di vita.

“Ciò che resta,/le ossa dei litigi,/le ceneri delle passioni,/promemoria per errori scordati,/orme dei passi avanti fatti/lasciando indietro passati errati”. (Scuse come resti)

Andrea Leonelli unisce modernismo a simbolismo poetico e raggiunge delle vette nelle quali si possono ravvedere gli elementi impressionisti tipici dei poeti francesi: il tempo che giace su piogge paralizzate, su gocce che non scendono, come congelate sui vetri, e fiumi immobili con acque imprigionate (Giace il tempo)
Ma il timbro personale del poeta lo si può riscontrare in ogni verso e l’intimismo si fonde con la necessità di andare oltre se stessi, oltre le proprie paure, le proprie solitudini. Per questo, “Penombre” non è un’opera circoscritta al solo mondo personale, ma è da considerarsi un’opera universale nella quale si affrontano temi atemporali come l’amore, il sesso, i desideri, il tempo che scorre, la morte, il tutto incastonato da versi nei quali si evidenziano il disagio e l’impotenza caratteristiche proprie dell’uomo della nostra epoca, che, spesso, illanguidisce al solo ricordo della sua donna, senza trovare il coraggio di vivere fino in fondo i suoi desideri

“Mi lasci sopravvivere/perché possa soffrire per te/poche gocce ogni giorno./Lacrime, sangue,/gocce d’amore/che mi costringo a darti,/che prendi con piacere,/mi assapori con voluttà./Poi mi lasci ad aspettarti ancora.” (Ti ho attesa nel buio).

Nelle liriche di Andrea Leonelli, a volte, troviamo toni nostalgici non solo nei versi relativi ai ricordi di ciò che è stato, ma anche nei versi nei quali i propri desideri futuri prendono corpo sotto forma di parole.

“Morirò un giorno/con te fra le braccia./E l’ultimo mio respiro/porterà il tuo nome./Se morirò sarà/con te sulle labbra”. (Di vento e foglie)

Immagini fredde, di una tristezza glaciale e nel contempo passionali risaltano nelle poesie “Dannazione” (Piegherai la testa/e aprirai il tuo corpo/al temporaneo padrone/della tua carne./E la tua anima/sarà ancora,/per sempre,/dannatamente mia.) e “Rifiorerai con me” (Lasciando la sola radice,/che attende sole e acqua,/nel buio di un’anima tormentata). In queste poesie il poeta è riuscito ad armonizzare concetti antitetici in un crescendo di rabbia e passionalità, caratteristiche che contraddistinguono la sua personalità.
La silloge “Penombre” di Andrea Leonelli ci fa scoprire sempre più un poeta sensibile e dalla personalità complessa che con lessico appropriato e sineddochea deguate riesce a fornirci uno spaccato intenso di vita, orientandoci verso il gioco degli specchi in cui il lettore, penetrando attraverso lo specchio nudo dell’anima del poeta, riesce a indentificarsi in lui e a comprendere meglio se stesso.
(Elisabetta Bagli)

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