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“Doppio sogno”, Arthur Schnitzler

“Doppio sogno”, Arthur Schnitzler
La letteratura viennese di fine secolo vede la nascita di un movimiento denominato “La Giovane Vienna” (Jung Wien), ovvero un movimento nel quale si miscelano il culto del simbolismo, la rinascita del romanticismo, nonché lo sguardo approfondito sull’analisi psicologica di Freud. In questo gruppo si può annoverare Arthur Schnitzler, autore artefice imprescinbile del rinnovamento, con la sua prosa piena di forza e nel contempo di pennellate delicate.
“Doppio sogno” è sicuramente la sua opera più celebre e celebrata, dovuto anche al fatto che nel 1999 Stanley Kubrik, poco prima della sua morte, ne fece una trasposizione cinematografica nel film Eyes Wide Shut.
Questo piccolo libro è pieno di freschezza, dal tocco onirico che cattura il lettore soprattutto per il suo lirismo. La fluidità della sua lettura porta inmediatamente il lettore a raggiungere quel mondo sfumato e intagibile fatto di sogni, nel quale non si distingue bene cosa sia reale e cosa sia fittizio, cosa possa essere sensato o cosa possa rappresentare l’assurdo, facendo rimanere il lettore prigioniero dei limiti di questo mondo onirico e ipnotizzante.
In Doppio Sogno, anche un ballo in maschera e un dialogo in apparenza innocente tra il medico Fridolin e sua moglie Albertine saranno sufficienti per immergere il protagonista in una vertigine di eventi che lo porteranno a effettuare un viaggio attraverso l’erotismo e la morte.
La narrazione inizia con il dialogo tra i due coniugi in merito alla festa di carnevale alla quale Fridolin ha partecipato il giorno anteriore. Durante il dialogo i due coniugi confesserano reciprocamente tutte le occasioni in cui si sono trovati vicini all’infedeltà coniugale, e, nonostante il colloquio finisca felicemente (almeno così pensa Fridolin) durante la notte gli si accavallano sogni e immagini, orgie di misteriose maschere di carnevale in luoghi segreti e oscuri, che altro non sono che la manifestazione del suo subcosciente.
Meravigliosa è la descrizione della scena del ballo nella quale l’ intruso (Fridolin) si vede scoperto e costretto ad accettare il sacrificio di quella donna sconosciuta che aveva amato per poche ore con intensità estasiatica.
Il paesaggio del sogno di Albertine viene descritto con sapiente maestria dall’autore ed è uno dei passi più belli e suggestivi di tutta l’opera. La dettagliata descrizione di questo sonno insieme alle peripezie notturne di Fridolin che sono sfogate alla fine in quelle infedeltà fino ad allora solamente sognate , lascerà allo scoperto la presenza sotterranea e irrefrenabile del desiderio nascosto dalla apparente tranquillità del matrimonio borghese. Da questa avventura sognata Fridolin sentirà sorgere un odio smisurato nei confronti della moglie. Ma con il nuovo giorno si diluiscono le nebbie disegnate nei sogni nonostante il velo lasciato sulle cose dall’esperienza nottura. La scena che senza dubbio si ricorda di più di tutta l’opera è quella nella quale, Fridolin, svegliandosi, troverà la maschera usata la notte anteriore sul suo cuscino. Ed è proprio allora che decide di raccontare tutto, sogni e realtà, a sua moglie che gli darà la redenzione. Anche se, con una frase sibillina le confesserà un’ultima sua angoscia: <<E nessun sogno è interamente un sogno>>

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